Voglio ancora fantasia e guarire l’intenzione dal sospetto.
Consegnare l’alchimia su un vassoio di finezza.
Voglio un verbo sensuale e delicato che seduca e accarezzi.
Voglio andare nel futuro abbandonato,
senza esami né misure, senza somme da tracciare.
Voglio i quando da incontrare e un dove da abitare.
Voglio un sogno che non scegli e una vita che non svegli.
La fiducia che non sbaglia e inventare un altro nome a “speranza”
Quell’ignaro istintivo abbandono dei segnali senza margini e confini
Che ne dite di “abbastanza”?
Ed infine darei un termine a pazienza e un tempo ad obbedienza.
Si lo voglio, caro Babbo, per favore, per Natale dai un senso all’esistenza.
