La carrozza milleuno

Salgo e siedo al finestrino, sopra un tetto vedo 

perdersi il pallone che giocava col destino.

La carrozza milleuno ha il sedile consumato da abrasioni 

e di legno già bruciato il profumo.

La carrozza milleuno, sa di lacrime e di fumo

con quel cupo sospirare del futuro, come un cardine che salta dal motore.

La carrozza milleuno… la metafora di me, ricordiamo:

“Quel vagone solitario mai entrato in stazione 

che sognava di staccarsi dal convoglio… e sparire”.

Non credo più

Vita che non ho prenotato, svelami il disegno, tu che menti e doppiezza poi ci insegni.

Sei il cielo in una stanza di torture, porta via le tue cure.

Ti ringrazio, ma non credo alle tue sfumature.

Riprendi anche la magia della notte, che nel buio metti solo luci rotte.

E finisci d’inventare interi e mezzi, crei soltanto illusioni. Vanno in pezzi.

Prendi anche la felicità, è un trucchetto per cambiare tutti i sogni in realtà.

Non ci credo alle grandi verità.

Lascio qui anche le ali che qualcuno riaprirà. E tieni pure la mia età…

Non dire più ti aiuterà.

0AB62A2C-5130-4CA0-BE99-B216B6B3B22E

Ti saluto grande fede

Prendo tempo, con la biro scrivo “posso” in controcampo
Sopra il foglio poi ricalco la parola “nonmiarrendo”
Tuttainsieme che si possa anche intendere che appunto stobevendo.

Prendo un punto, da un’angolatura finta
mi ci tuffo come un putto all’inferno… finchè non sarò convinta
che la neve dopo il bianco fa vedere la poltiglia.

La miseria dell’amore che non resta assomiglia
al mio nome liquefatto contro un vetro a fine festa.

A capire chi rinuncia c’ho provato
L’ho filtrato dentro attese, decantato e versato dentro varchi trasparenti
Ho rincorso anche troppo il concetto di promessa degli assenti.

Ti saluto grande fede, il mio voto è scaduto.

Ho una vita che a metà del suo limite è iniziata
In quest’epoca di mezze libertà ed intere eccezioni
voglio vivere di braci e di camini.
Voglio prendere le favole per buone

Voglio stare dalla parte delle asole che bastano ai bottoni.

 

Quando basta

Quando basta una mano sulla gamba
alla guida di una strada che non cambia.

Quando basta quello scatto sulla pelle liscia e bruna
mentre l’onda sulla riva la gremisce e la cattura.

Quando basta una birra con lo sguardo che va al cielo, lì seduta sul suo telo.
Mentre il tempo abbandona i suoi punti messi in fila.

Quando basta inventare un altro gioco di parole e di risate sotto il sole. Che l’amore mangia riso, pepe e voce.

Quando basta la penombra sul suo fianco color terra
La sua schiena che festeggia a raccogliere carezze, come l’erba con la pioggia.

Quando basta una cena fronte mare con la Luna
e l’amarezza infiltrata si trasforma in bendata Dea Fortuna.

Quella foto in mezzo al mare, il tuo faro, il mio tuffo,
un sacchetto di gioielli, la tua e mia calamita…

Corre il tempo sulla vita…
quando basta così poco, che davvero l’hai guarita.

Il trucco

Trasporto archivi e armature,
Studio l’amore.
Cerco il vaccino e del suo contagio voglio morire.

La solitudine, come un costume
Come la fede nell’anulare
Come una cura che non so finire
senza quel dubbio che passi il dolore.

La fantasia, l’organo esterno di anatomia
La quinta essenza, il regno difforme
Il bisogno dell’anima che rende vivibile una magia.

Sono la chiave e anche il forziere
Sono quel viaggio che non si può fare
in una carrozza senza cocchiere.
Sono del trucco il rischio lampante e il prestigiatore.

Sono le ali e anche quei mai che non so più dire.

 

La vita è adesso

Quella strada e quel tuo treno
Camminando poi a un metro di distanza,
come toro e torero.

Tu che adagi le parole, io che gioco col rumore
C’è un gran caldo, sono poche queste ore,
senza meta e contro sole.

La complicità che arranca
quando il tempo è racchiuso come il vetro e la bevanda.
Come vita concentrata
in 3 ore, in 2 spesso e 1 dose di permesso.

Quando dici che mi ami, è la vita ed è adesso.
E lo sai che ho pensato… l’impossibile è ammesso.
Ma ho soltanto spalancato una porta
col cartello “qui il divieto ha accesso”.

Su quel marciapiede ferma, ora scendo.

E il verbale d’infrazione, che mi prendo,
io domani lo incornicio… e lo appendo.

Qui dice

Io me ne vado, tu che ti fermi.
In un solo abbraccio, lo spoglio dei sensi
Impasto di forze a lieviti assenti.

Cigola l’àrgano e trascina nel pozzo valore e progetti
Tutto ammassato dentro un archivio di prezzi.

Urlare non serve.
Il buio trasforma l’intesa in livida guerra
nessuno si salva se pieghi la testa.

Non cerco parole e spengo anche gli occhi
Ripasso istruzioni di come sognare.
Pensieri di niente nel bianco rumore.

Qui dice riposa… tienimi il ciuccio che l’incubo muore.

IMG_2414

Mi tieni il cuore che sono stanca?

Sono giorni che si stringe
mi consuma come il fuoco, quando piange.

E gli chiedo ogni volta se gli basto, se so amarlo.
Lo tratteggio su una chat e non posso – fare – altro.

Lui non smette.
Disperato è il silenzio che promette.

Ecco adesso non lo dire… te ne prego.
Se gli dici vieni qui, lui stanotte schizza fuori come un getto
Ma non ha nessuna forza e nessun freno
con chi versa nel bicchiere la distanza
come gocce di veleno in una stanza.

Ora arriva un’altra notte mai eletta.
Sognerò il torace che riapre questa gabbia maledetta.

E lui vivo
Mentre corre
A perdifiato
Per tornare nel tuo petto.

photo_2020-03-27_18-12-08

Dovrei avere coraggio

Televisione spenta, computer, divano.
Tre fazzolettini di carta sul tavolino,
due segni bianchi di sale sul viso,
un bicchiere di vino. Vicino.

Abbiamo confuso un campo minato con le margherite.
Adesso è attesa di un’illusoria data sparita.

Dalla finestra il mondo che tace
Sopra i balconi qualcuno che fuma, il tempo una brace.
Confini sbarrati, chi resta, chi torna, la forza è finita,
dietro la porta un filo di vita.

La sera cammino senza sentire, mi siedo, mi alzo, dovrei cucinare
Dovrei aver coraggio, dovrei non sparire.

Mi metto ai fornelli sull’immaginario mondo dei folli.

E verso in padella burro salato e vino con bolle
Alzo il volume, la mia candela e il tuo concerto di pianoforte.
Metto sul fuoco anche le dita e quando una lacrima diventa di cera,
giro la ghiera, la cena è servita.

Senza di te, resta digiuna la primavera.