Caro Babbo Natale, voglio…

Voglio ancora fantasia e guarire l’intenzione dal sospetto.

Consegnare l’alchimia su un vassoio di finezza.

Voglio un verbo sensuale e delicato che seduca e accarezzi.

Voglio andare nel futuro abbandonato, 

senza esami né misure, senza somme da tracciare. 

Voglio i quando da incontrare e un dove da abitare.

Voglio un sogno che non scegli e una vita che non svegli.

La fiducia che non sbaglia e inventare un altro nome a “speranza

Quell’ignaro istintivo abbandono dei segnali senza margini e confini

Che ne dite di “abbastanza”?

Ed infine darei un termine a pazienza e un tempo ad obbedienza.

Si lo voglio, caro Babbo, per favore, per Natale dai un senso all’esistenza.

Il ciglio del senso

Sul comodino pastiglie che sedano nuclei in battaglia
la vita si tace, il corso s’impiglia in ore cadenti
di questa versione dei giorni, che non mi somiglia.
Con questa Luna che spiega al mattino come il buongiorno non serva.

I passati interrotti senza un domani diventano esonero al tempo concluso.
Sfatano gli anni mediocri, innalzano templi sui semi di karma appena dischiusi
Un commedia al presente incapace.

Seconda al rimpianto, dietro la colpa, in cima alla fila del lecito avanzo... non ce la faccio.

Taglio un respiro nel piatto e guardo la foto di un giorno in vacanza
C’era la luce col tuo sorriso perfetto di fianco...
Poi sul display il tuo nome sul bianco.

Amore, mi scrivi... e avviti l'uncino sul ciglio del senso.
No, non rispondo... attingo al silenzio per dirti rimango.

Girandole

Non voglio una vita che mi sveglia la mattina in pigiama con la faccia da amuchina. 

Piedi scalzi in cucina con un solo cucchiaino senza fondo di tazzina.

Non voglio uno sfondo ad acquerello, una tela ch’è sbiadita, da rifare col cervello.

Non voglio nessun resto della festa

Del glucosio voglio essere insulina, del cammello la sua cruna.

Quel miracolo palindromo di chi ama e viceversa… la mia Atlantide sommersa.

E l’amore che fa l’onda e la tempesta.

Aggiorniamo l’app “TEMPO”, senza illuderci di averne più di tanto.

Riavviamo la lusinga del momento dondolando dolcemente

Come fanno le girandole col vento

Non credo più

Vita che non ho prenotato, svelami il disegno, tu che menti e doppiezza poi ci insegni.

Sei il cielo in una stanza di torture, porta via le tue cure.

Ti ringrazio, ma non credo alle tue sfumature.

Riprendi anche la magia della notte, che nel buio metti solo luci rotte.

E finisci d’inventare interi e mezzi, crei soltanto illusioni. Vanno in pezzi.

Prendi anche la felicità, è un trucchetto per cambiare tutti i sogni in realtà.

Non ci credo alle grandi verità.

Lascio qui anche le ali che qualcuno riaprirà. E tieni pure la mia età…

Non dire più ti aiuterà.

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Nonostante

Nonostante sia inverno sul tempo che resta e su quello che batte su ogni protesta

Nonostante qui sotto, non c’è più nessuno che alzi lo sguardo sopra la testa

Nonostante tu sia congelata nell’altra tua vita affissa al pianeta alternato

Nonostante il nostro pupazzo mi aspetti in soggiorno
e il mio fianco si veda scoperto oltre Saturno

Nonostante la vita sia diventata una giungla impazzita
belve che sbranano l’atmosfera e arche di umani alla deriva

Dal mio rifugio rubo segnali di fumo
Etere amico, unione di punti dall’ombelico
Segnali di vita dal tuo emisfero
Prigioni, voli, mistero…

Il futuro è cianuro con l’indirizzo del cielo.

Amami

Amami come calice e sole a braccetto, dentro il bicchiere il tramonto perfetto: mare e orizzonte in duetto.

Amami come un tuffo di pancia e come servono morbida, la tua focaccia

Fallo su un materassino rubato ai bagnini, come si arrotolano quei due gattini

Fallo sotto un lampione, come lo smalto e l’acetone

Amami come un molo sganciato che il mare smeraldo ha liberato

Fallo a carte scoperte, briscola d’asso e come quel jolly che cambia la quota che abbassi

Amami come il gelato più grande che possa volere, un pianista senza tastiera, il vento in terrazza di sera…

Amami come l’argento col sale e come una barca di notte, che torna dal mare

Amami senza temere, stella polare che non può cadere.

La Solìte

Lo zaino aperto, lì posato sul parquet
come ninfea che galleggia in un quadro di Monet.

La mia sagoma sfumata sul divano,
il gin tonic nel bicchiere mezzo pieno,
un piattino con gli avanzi di salame e parmigiano.

Lo stendino e il bucato che ho piegato a mia maniera
stesso filo: il berretto coi bottoni e la tua canottiera.

Una fitta alla vita che non smette,
una fiala di silenzio questo male che mi stanca.
La Solìte, pioggia fredda nella stanza.

la Solìte è una sala senza aspetto,
lo strapiombo oltre il tuo parapetto,
la mia casa senza te, la balena di Geppetto.

La coerenza e il rispetto,
le due parti del mio cuore nel cassetto
ricomincia il lunedì ed il conteggio…

Ora indosso il mio cappello e i tuoi messaggi,
metto in moto questo tempo degli ostaggi.
Il caffè, due biscotti e la doccia sopra i nostri tatuaggi,
la camicia nello specchio appannato e la luce del per sempre
sul diamante che mi hai regalato.

Giro a vuoto per le strade, affidata ad una farsa
la Solite, amore mio non mi passa.
Mani in tasca a vita bassa, solo freddo nelle ossa.

Uno spaccio di dolcezza in zona rossa.

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Il sapore della casa

Le campane che attraversano i battenti,
una linea di palline sul soffitto abbracciate ad un filo trasparente.
Nel camino spighe fulvide e riflessi seducenti.

La tovaglia, i bicchieri e le candele spumeggianti
quando inizio a danzare col le mani sui suoi fianchi
mentre armeggia col coltello sul tagliere.

Nel paese dei rintocchi, il Natale color trave, una favola di fate.

Nella tana del nirvana il bagliore delle luci color talpa.
Il divano, i bambini di peluche, mille ore senza fine
che riavvolgi la mattina che mi stringi come vite in un bullone.

Cosa vuoi a colazione?
La tua torta, il mio thè, il caffè in tazza larga?
Norah Jones, il cornetto, due biscotti, penna e carta.
Al domani ci pensiamo un’altra volta.

A quest’anno voglio dire, ancora e basta.
Ora giura: fai uscire la paura, però aspetta…

fai restare il sapore della casa e ricorda, per favore, la purezza.

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Se fosse

Se fosse un anno indietro da spiegare
si vedrebbe uno specchio da spannare
un’effigie di vapore con un senso di perduto da svelare.

Al mercato della nebbia, sogni in saldo come zattere di sale.

Se fosse un rimpianto da curare
sarebbe un riflesso aranciato nel bicchiere da finire,
una strada di ritorno da non fare
un mancato “resta qui” da riscattare

Se fosse una storia da narrare
la racconterei in versi senza niente da spiegare

È una storia casuale,
il destino di una mano nella mano d’agganciare…